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Vita mistica della Beata Madre Speranza di Gesu' (torna su)
Il primo periodo della vita spirituale della Madre


                                                                                                   

Il primo periodo della vita spirituale della Madre lo identificherei con gli anni che vanno dal 1914 al 1921, gli anni che la Madre ha vissuto a Villena, religiosa nel Convento delle Figlie del Calvario. Sette anni che fanno molta impressione per il cammino ascetico che la Madre si è proposta.

Partita da casa il 15 ottobre 1914, festa di santa Teresa d'Avila, con l'idea di farsi santa, grande santa come Teresa; nel 1916, prima di emettere i voti definitivi provò la grande paura di non riuscire a farsi santa in quell'ambiente, ricco di austerità ma dove abbondava anche una grossa difficoltà a vivere la carità e la comunione fraterna. Poi trovò la soluzione nella parola di Dio: «Comportatevi come Cristo Gesù: Egli era come Dio, ma non pensò di dover conservare gelosamente il fatto di essere uguale a Dio. Rinunziò a tutto; scelse di esser come servo e diventò uomo tra gli uomini... Abbassò se stesso e fu obbediente a Dio sino alla morte, alla morte in croce...». Fece la scelta di rinunciare a tutti i suoi diritti come persona umana, il diritto a essere amata, compresa, rispettata; scelse con coraggio la parte della serva: poter essere utile agli altri, nella sua comunità voleva essere considerata non più come una persona, ma come una scopa della quale chiunque se ne fosse potuto servire, per qualunque tipo di servizio, trattandola con garbo o no, senza che essa - come la scopa - avesse potuto mai rifiutarsi o sertirsi offesa.

Una scelta decisamente coraggiosa che appare ancora più eroica perché sembra che in questi sette anni di Villena non ci siano stati interventi straordinari da parte di Dio per sostenerla; solo la sua volontà, la sua scelta, il suo coraggio; la sua parte umana che ha scelto un cammino ascetico molto deciso.

Il secondo periodo della vita spirituale della Madre 
Proprio su questo cammino ascetico, che potremmo identificare con la prima conversione, si inserisce il cammino mistico con il secondo periodo della vita spirituale della Madre.

San Giovanni della Croce scrive: «...Cristo è come una miniera ricca di immense vene di tesori, dei quali, per quanto si vada a fondo, non si trova la fine; anzi in ciascuna cavità si scoprono nuovi filoni di ricchezze. Perciò san Paolo dice del Cristo: "In Cristo si trovano nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col 2, 3) nei quali l'anima non può penetrare, se prima non passa per le strettezze della sofferenza interna ed esterna. Infatti a quel poco che è possibile sapere in questa vita dei misteri di Cristo, non si può giungere senza aver sofferto molto, aver ricevuto da Dio numerose grazie intellettuali e sensibili e senza aver fatto precedere un lungo esercizio spirituale, poiché tutte queste grazie sono più imperfette della sapienza dei misteri di Cristo, per la quale servono di semplice disposizione».

Anche la nostra Madre ha vissuto questo periodo che, attraverso la purificazione passiva dei sensi e attraverso la purificazione passiva dello spirito, la porterà all'unione completa con Dio.

La notte passiva dei sensi.

Da come si esprimono i maestri della vita spirituale, da come si è espresso anche san Giovanni della Croce, ogni anima, prima di entrare nella vita mistica, deve passare la notte passiva dei sensi.

Mi pare opportuno ricordare i segni e le prove che accompagnano questo momento per vedere come anche la nostra Madre ci sia entrata in pieno. Secondo san Giovanni della Croce i segni e le prove di questo periodo sono:

- aridità spirituale. L'anima non trova consolazioni sensibili né nelle cose di Dio né in quelle create. Il fatto che l'anima non trovi consolazione nelle cose terrene è una prova che la sua aridità non viene da mancanze commesse.

- ricerca accorata di Dio e sofferenza perché non lo si serve; l'anima si preoccupa perché ha l'impressione di tornare indietro nel cammino spirituale.

- incapacità a meditare in modo discorsivo e ragionato.

- particolarmente provati anche da violente tentazioni, specie sulla carità e la pazienza. Alle tentazioni si aggiungono altre prove come malattia, perdita delle amicizie sulle quali si faceva molto affidamento, e, a volte, anche la persecuzione del demonio che cerca di spaventare l'anima anche con torture fisiche.

Nella Madre ritroviamo molto evidenti questi segni e queste prove: aridità, ricerca accorata di Dio, preghiera affettiva, tentazioni e prove.

Mons. Lucio Marinozzi ricorda quanto la stessa Madre gli raccontò in merito: «... nel primo periodo di vita claustrale fu improvvisamente colta da dubbi contro la fede: tenebre fittissime; era nella persuasione che tutto è vano, che non si dà sopravvivenza dell'anima, che non c'è paradiso, che Cristo non è affatto Dio ma solo un uomo generoso che ha visto crollare tutti i suoi ideali con la morte. Questa suggestione era più forte di lei e la dominava tutta.... La prova durò vari mesi; non le venne però l'idea di abbandonare il convento e ritornare nel mondo; continuò la sua vita di claustrale osservantissima...».

Un giorno la maestra di novizie le chiese cosa avevano letto durante la meditazione. Lei non lo sapeva, perché durante la meditazione «cercava di ascoltare il Signore e gli chiedeva di aiutarla a vedere tutto quello che in lei gli dispiaceva». Evidentemente la Madre era passata dalla meditazione discorsiva alla meditazione affettiva che, secondo santa Teresa, pur non essendo ancora contemplazione infusa, è una preghiera che si avvicina ad essa.

a) Dio provò la Madre con diverse malattie

Nel 1922, a soli 29 anni, dovette essere operata al basso ventre da tumore. Come conseguenza di questa operazione restò nella Madre un'ernia, dalla quale fu operata per altre due volte, nel giro di appena sette mesi e lasciò esiti dolorosissimi.

Dal 1924, forse come conseguenza delle operazioni, ebbe una gastrite che la fece molto soffrire: aveva continui vomiti di sangue, impossibilità di mangiare, perdita della conoscenza, ecc. Il 15 febbraio stava talmente male che le fu amministrata l'Estrema Unzione e il Viatico.

In breve: Madre Speranza è stata la «serva dei dolori». Forse le sue malattie erano misteriose, inviate da Dio per la sua purificazione. Si potrebbe affermare che le malattie e i dolori fortificarono il suo spirito e perfezionarono in lei le virtù della speranza e della fede. La Madre imparó che nella sofferenza dobbiamo porre in Dio la nostra fiducia, la nostra speranza. Rafforzato il suo animo nel dolore, imparerà a valorizzare il dolore di Cristo e ad affrontare le altre prove che le manderà il Signore.

b) Umiliazioni

In questi anni la Madre provò anche terribili umiliazioni, persino la perdita della stima e dell'onore. Lo stesso confessore la volle provare nell'umiltà facendola passeggiare per le strade di Madrid in piena estate con un ombrellone grande come quello che portavano i carri dei vinattieri, così come se fosse il pagliaccio o buffone del circo. Un'altra volta lo stesso confessore, per provarla nella sua vanità, le fece fare, per alcuni giorni, l'ufficio di portinaia nel collegio di Vicálvaro, con l'obbligo di ricevere i visitanti con la pettina sporca di cioccolato.

Non meno grave fu l'umiliazione che dovette soffrire la Madre quando il confessore le fece ricevere alcune persone, che venivano dalla diocesi di Pasto, mangiando un pezzo di pane, come se fosse una stupida.

c) Persecuzioni

Nel 1925 la Madre Speranza fu trasferita a Vélez Rubio, al sud della Spagna. Lí soffrí delle persecuzioni ingiustificate che purificarono il suo spirito. Fu accusata di rubare le cose del collegio. La madre superiora, convinta che fosse la Madre Speranza a far sparire le cose, la fece rinchiudere in una cella di isolamento per sette mesi. La Madre non solo perdette l'onore, essendo stata condannata come ladra, ma soffrí la grave punizione nella completa solitudine. «Passavo le notti — racconta — guardando il cielo e, in quella solitudine, ho imparato ad amare». Commentando ancora questo fatto, essa stessa ancora dirà: «Ho sofferto molto al vedere che ero accusata di cose che non avevo neanche pensato. La mia natura ribelle mi spingeva a scusarmi ma, fissando lo sguardo sul Crocifisso, trovavo forza per non farlo. Mi vedevo disprezzata da tutti, sola, senza affetto di nessuno, privata anche del necessario e nello stesso tempo ero felice, molto felice senza staccare lo sguardo dal Crocefisso che mi dette la forza per tutti quei sei mesi di isolamento.»

d) Privata della presenza di Gesù

Racconta la signorina Pilar di aver sentito dalla Madre che la prova più grande fu la mancanza delle consolazioni divine. Gesù, che si faceva spesso presente durante il momento di sofferenza, si occultò per ben due anni e fu grandissimo il dolore della Madre perché pensava di essere colpevole e indegna della presenza di Gesù. Fu così grande la sua pena e pianse tanto da rimanere quasi cieca. Sarà questo il motivo per cui dovette mettersi gli occhiali? Questa prova è documentata anche dalla corrispondenza che la Madre aveva con il Padre Postius, il direttore spirituale che le aveva imposto il vescovo di Madrid.

Il 3.III.1931, riferisce al padre Postius che l'anno 1930, era rimasta sola nel portare avanti l'opera della fondazione della congregazione, senza avere neppure il conforto della presenza di Gesù: «la bufera aumentó e il buon Gesù non si fa più vedere». Nel dicembre dello stesso anno 1930 la Madre soffre ancora perché Gesù non si fa presente. L'assenza prolungata di Gesù preoccupa la Madre, la quale scrive angosciata al direttore spirituale: «...Io non posso neanche pensare che Gesù non verrà più!... non può essere che mi lasci sola in questo pantano...!». A marzo dello stesso anno, anche se privata della presenza di Gesù, la Madre accetta questa prova e scrive al direttore spirituale: «Io seguo come sempre, nel buio; ma non perdo né la fiducia né la pace... son certa che Gesù, anche senza farsi vedere, mi protegge continuamente.» A volte si scoraggia perché pensa che senza la presenza di Gesù lei non può portare avanti l'opera e teme di sciupare tutto, come scrive al padre Postíus il 25 ottobre, lagnandosi che Gesù si era nascosto da undici giorni. Il direttore spirituale la invita a saper accettare queste assenze di Gesù con rassegnazione ed essa risponde dicendo la sua paura di fare errori da sola. Anche lo stesso Gesù la invita a maturare, a saper prescindere dalla sua presenza.

e) Perdita delle amicizie

La madre aveva posto tutta la sua fiducia nel padre Antonio Naval, suo confessore. Quando il buon Gesù le chiese di fondare una nuova congregazione, fu il padre Naval ad incoraggiarla. La Madre si sentiva forte e sicura seguendo i suoi consigli. Il padre le aveva promesso di non abbandonarla mai. Pochi giorni dopo il povero padre, dovette comunicare alla madre Speranza che non poteva più aiutarla, perché il vescovo glielo aveva proibito. Così la Madre si vide sola, perseguitata, scomunicata dal vescovo di Madrid, osteggiata dalle superiore che vedevano nel suo gesto una disgregazione della propria congregazione. Un'immensa tristezza invase l'anima della Madre, ma, sicura della volontà del Signore, imparò a porre in lui solo la sua fiducia.

La notte passiva dello spirito.

Santa Teresa, parlando di questa notte, nella sesta mansione, afferma che se l'anima fosse a conoscenza di quello che deve soffrire non troverebbe forse la forza di affrontare tale purificazione. Tra le altre prove, e non è questa la più grave, vi sono gli scherni di coloro che riteneva amici: dicono che «vuol farsi la santa»; «che fa tutto il possibile per ingannare il mondo e per rovinare la gente». Gli amici più intimi e i collaboratori più stretti l'abbandonano. Diventano anzi i più accaniti contro di lei; arrivano a dire che è un'anima dannata, che è una persona ingannata, che son cose del demonio, che inganna confessori, ecc. A queste sofferenze si aggiunge la guerra del demonio, al quale Dio permette di provare l'anima. «Sono molte - prosegue santa Teresa - le cose che la fanno soffrire con una oppressione interiore così sensibile e intollerabile da poterle paragonare solo alle pene dell'inferno...».

Si direbbe che questa è una descrizione delle sofferenze sopportate dalla Madre durante la notte passiva dello spirito, nella quale - probabilmente - la Madre è entrata verso la fine dell'anno 1939 e che la accompagnerà per 12 o 13 anni, fino all'aprile del 1952.

Le prime sofferenze arrivarono alla fine del 1939, quando diverse religiose che l'avevano seguita lasciarono la Congregazione. Calunniata e derisa dalle sue più strette collaboratrici, da sacerdoti e perfino da vescovi, è portata come una rea davanti al tribunale del Santo Ufficio e sospesa dall'incarico di superiora generale. Il giorno 11 aprile l941, giovedì santo, sente l'abbandono di Cristo nell'orto del Getsemani. Come Lui, si sente perseguitata da tutti e accetta con serenità la sentenza che sta per emanare il Santo Ufficio. Mentre assisteva agli uffici nella parrocchia, disse a Gesù: «Le autorità della mia madre Chiesa si stanno occupando tanto in questo tempo di questa povera creatura; che ne sarà della mia amata Congregazione? Il mio cuore arde del tuo amore e con Te, Signore, io aspetto tranquilla la sentenza che avrei desiderio mi fosse comunicata proprio oggi, giovedì santo, per essere condannata come Te, proprio in questo memorabile giorno».

Ed infatti, lo stesso giorno le fu comunicata la sentenza: il Santo Ufficio la destituiva dai suoi attributi di superiora generale. Grande fu il suo dolore; lo sopportó con serenità; si propose di occupare la cella più umile e di dedicarsi ai lavori propri delle suore converse, mentre chiede perdono per i suoi persecutori.

A Roma, nell'anno 1942 soffrì per una gravissima malattia che i medici ritenevano mortale. Sopportò con pazienza il dolore ed era disposta a morire. Il 29.VIII.1944 perdette la sua amica intima, Pilar De Arratia, l'amica più cara che era stata il suo sostegno: la metà della sua anima, come diceva Sant'Agostino quando perdette un suo amico. La Madre non ha più una persona con cui confidarsi. Dovrà riporre in Gesù tutta la sua fiducia.

A queste tribolazioni bisogna aggiungere le sofferenze interiori, più dolorose ancora, che purificano e temprano l'anima della Madre. La tristezza dell'anima, le pene interiori proprie di coloro che attraversano la notte oscura dello spirito, cominciò a sentirle la Madre nel 1940. Nel mese di febbraio di quell'anno scriveva: «Oggi, Gesù mio, con il cuore pieno di dolore, mi sono dimenticata che per vivere felice in questo esilio il rimedio migliore resta solo quello di amare la croce, che è la cosa che mi fa più simile a Te... Con l'aiuto del buon Gesù e per Lui io devo vivere soffrendo e morire amando, consumata dal fuoco dell'amore». Gesù non si fa più vedere e lei soffre perché ritiene che le si nasconda a causa dei suoi peccati. Il 4 ottobre rivolge a Gesù questa bellissima preghiera: «Ti cerco, Gesù mio, e non ti trovo; ti chiamo e non ti sento!... Che tormento, Gesù mio! Che martirio! solo Tu lo puoi apprezzare...».

Solo nel 1952, dopo una lunga serie di prove e sofferenze, quasi all'improvviso ci troviamo con una sorpresa. Scrive infatti il 4 aprile 1952: «Oggi posso dirti che mi sento felice, tanto felice, perché mi hai detto che finalmente ho acquisito quell'atteggiamento che Tu desideravi da me o, meglio detto, che Tu hai infuso in me ed è che io pensi sempre solo a Te e che il mio cuore e la mia mente siano fissi sempre in Te e che niente e nessuno mai mi possa distrarre da Te...». Come si vede, c'è stato un cambiamento radicale. La Madre ormai si sente tutta del Signore. Cristo si è impadronito ormai della sua volontà. E` arrivata a quell'unione totale che tanto desiderava.

Il terzo periodo della vita spirituale della Madre: l'unione trasformante.

Santa Teresa parla a lungo dell'unione trasformante dell'anima con Dio e degli effetti che causa in essa. Secondo Santa Teresa di solito c'è una visione splendente di Cristo glorioso. Dio fa capire all'anima il mistero della Santissima Trinità e tramite una visione intellettuale le fa capire che tutte e tre le Persone abitano nel centro più profondo dell'anima. L'anima vive sempre alla presenza della Santissima Trinità e, appena libera dalle sue occupazioni, passa il tempo in loro dolce compagnia.

Gli effetti che provoca nell'anima sono diversi.

Il primo effetto è un dimenticarsi completamente di se stessa: pensa soltanto alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime. Sembra che abbiano fatto effetto le parole dette da Dio all'anima e cioè: lei pensi alle cose di Dio che Lui penserà alle cose sue; l'anima dimentica tutto, vuol essere «nada en nada».

Il secondo effetto è un grande desiderio di patire, ma senza le inquietudini che aveva prima. L'anima desidera soltanto fare la volontà di Dio. Di nulla si lagna, nulla chiede. Accetta tutto con grande tranquillità come volontà del Signore. L'anima prova una grande felicità e una grande pace. Riesce non soltanto a perdonare i suoi nemici, ma li ama di amore sincero e desidera le cose migliori per essi. Non ha desiderio di morire per godere della presenza di Dio, ma desidera vivere per servirlo ancora.

Prova anche un grande distacco da tutto. Desidera soltanto essere sola, in compagnia con Dio. Non sente più aridità né dolori, ma una grande pace. Sta completamente assorta nella contemplazione di Dio e non la turbano più i problemi; scrive Santa Teresa che, a suo parere, «Las potencias están como espantadas (como atónitas, pero no suspendidas como en los éxtasis)». Arrivata a questo stato, l'anima ha estasi raramente e, comunque, non in pubblico. É abituata a vedere tante cose in questa dimora che non si spaventa di nulla.

Leggendo il diario della Madre, si trovano diversi argomenti per poter affermare che fu negli anni 1952-54 quando essa cominciò ad entrare nella vita trasformante, di cui parla santa Teresa. Infatti, trascorre dei periodi con la mente assorta in Dio ed afferma di essere arrivata ad una grande pace interiore, ad una indifferenza totale, fino al punto di non desiderare altro che la gloria del Signore. Basti solo qualche accenno.

Con la mente assorta in Dio.

La Madre é arrivata a tale grado di contemplazione da vivere intere giornate assorta nel Signore, con la mente fissa in Lui, come se le cose esterne non la preoccupassero più. Essa stessa scrive nel suo diario il 1° giugno 1952: «Non so cosa mi stia succedendo, padre mio; mi sento come senza forze, con una specie di nausea o fastidio per tutte le cose che mi circondano; mi sento portata a stare tutto il giorno nella mia stanza, da sola con il mio Dio; devo fare uno sforzo anche per stare con i miei figli e le mie figlie...».

Due anni dopo la Madre vive ancora in questo stato di assorbimento della mente in Dio, ha paura che si tratti di una trappola del demonio e consulta di nuovo il suo direttore spirituale: «Non so che dirle, padre mio; solo le posso dire che mi sembra di ritrovarmi ogni giorno più immersa in una specie di letargo e, senza rendermi conto, mi si fissano lo sguardo, la mente e il cuore nel buon Gesù; resto come assorta in lui, senza curarmi di quanto succede intorno a me, senza compiere i miei obblighi, camminando per casa senza preoccuparmi di vedere quello che fanno i figli e le figlie...».

Santa indifferenza.

Quando l'anima arriva alla vita trasformante prova una grande pace. Non ha altri desideri che la gloria di Dio; si mostra indifferente di fronte alla morte. A questo stato sembra che sia arrivata la Madre fin dal 1954. Infatti, scrive l'11.II.1954: «Non so cosa mi succede, padre; so solo dirle che già da ieri sento dentro di me una dolce pace. Sento che non desidero altra cosa che dar gloria al Nostro Dio; già da molto tempo avevo il desiderio di poter soffrire o, diversamente, di morire per unirmi con il Nostro Dio, però da oggi, padre mio, per me è indifferente vivere o morire, purché Lui sia contento e sia glorificato; non penso altra cosa che contemplarlo e sento una grande ansia che mi chieda qualunque cosa per potergliela dare».

Assorta nel Signore, ma sempre presente a se stessa.

La Madre fin dal 1976 visse ritirata nella propria stanza, senza occuparsi più dei problemi della congregazione. Parlava poco e sembrava sempre assorta, come se fosse fuori dalla realtà. Agli occhi di un profano poteva apparire come una persona che non avesse più conoscenza. Invece, da quanto affermano i testimoni si rendeva conto di tutto, viveva i problemi della congregazione ma soffriva tutto con santa indifferenza, accettando con tranquillità la volontà del Signore. Non chiedeva le sofferenze, come prima, ma accettava tutto quello che veniva dalla mano del Signore, dalla malattia alle sofferenze.



                     I MIRACOLI DI MADRE SPERANZA DI GESU'

I miracoli da raccontare sono tantissimi, tanto che Pietro ha scritto un libro in cui ve ne sono almeno trecento (in attesa che la Chiesa ne permetta la pubblicazione). La Madre fu infatti una grande mistica, cadeva spesso in estasi e molti dei suoi collaboratori si trovavano spesso ad assistere ai suoi dialoghi con l’altissimo, anche se lei inutilmente chiedeva che non la guardasse nessuno.
   La Madre pregava giorno e notte, era sempre l’ultima a coricarsi, il suo immenso spirito di sacrificio per gli altri era tale da spingerla a fare, come molti santi nella storia, varie penitenze e sacrifici, nelle sue stanze infatti vi si trovano conservati cilici e altri oggetti che servivano per tali pratiche. Le apparivano inoltre anime del purgatorio che le chiedevano di pregare per loro, e, altro fatto strabiliante, sono invece diversi i fenomeni di bilocazione che la riguardavano e di cui parleremo in seguito. Ma il fenomeno più prodigioso di questa grande donna, fu quel che è il più grande mistero e il più grande evento che può accadere a chi dedica la propria vita a Cristo: quello di condividere con Lui il sacrificio salvifico della sua passione perpetrato per l’intera umanità; Madre Speranza aveva infatti le stimmate, lei stessa chiese a Dio che non fossero visibili all’occhio umano, ma durante il periodo della passione queste apparivano visibili a tutti. Questa piccola suora venuta dalla campagna, nata in povertà e che fin dalla sua infanzia affidò la sua esistenza a Dio, si può affermare con certezza essere una delle più grandi sante del 900, benché la santificazione vera e propria non sia ancora avvenuta.

 
Il giorno di natale

                                                                                                               
Il Bambinello di cui parleremo si trova attualmente ad Alfaro (Spagna).
   La sera di Natale le suore e gli orfani della congregazione si ritrovavano a festeggiare il Natale senza nemmeno una statuetta del Bambin Gesù, le suore chiesero a Madre Speranza (che per comodità chiamerò solo Madre, come usava il narratore) di acquistarne una, ma la Madre non aveva soldi e già fin troppi debiti, la madre pregò il Padre celeste che gliene regalasse uno per le sue figlie, poiché lui poteva tutto e non poteva permettere che gli orfani e le sue spose passassero il natale senza un Bambin Gesù. Le suore assistettero alla madre in estasi, e il bambino si materializzò nelle mani di Madre Speranza, fu la Vergine Maria a donarglielo.


Il figliol prodigo

Una sera la Madre senti bussare alla porta del convento, apri e si trovò davanti un ragazzo vestito di stracci e malandato, nonostante questo guardandolo si rese conto che aveva un aria distinta. Poiché emanava un cattivo odore gli fece fare un bagno e gli diede dei panni puliti con cui potersi vestire, gli pulì delle piaghe che aveva dietro la schiena, gli preparò da mangiare e una volta a tavola cerco di capire cosa gli fosse capitato, il ragazzo, all’inizio restio, si aprii con la madre, colpito soprattutto dalla misericordia che gli aveva usato, gli raccontò che veniva da una famiglia facoltosa e che erano tre anni che era andato via di casa sperperando i soldi dei genitori che non aveva più visto. Tutto era andato bene finché aveva avuto i soldi e la salute, ma appena si ammalò e rimase senza un soldo si ritrovò completamente solo a girovagare come un senza tetto, non aveva il coraggio di tornare dai suoi genitori. La Madre dopo averlo ascoltato gli disse che non doveva preoccuparsi e che avrebbe parlato lei con i suoi genitori, cosi fù, il ragazzo dormì da alcuni amici della madre perché in convento non gli era permesso stare, il giorno dopo i suoi genitori erano venuti a prenderlo, piansero molto e riabbracciarono il proprio figlio.
   Un giorno la madre ricevette la visita del ragazzo, era venuto a dirgli che si stava facendo sacerdote, la misericordia usatagli dalla madre lo colpi a tal punto da voler dedicare la propria vita al Signore Gesù.
   Più avanti ci fu un'altra visita, il ragazzo partiva per fare il missionario in Cina con la benedizione della Madre.
   Anni dopo la madre ebbe una visione nella notte, era l’anima del ragazzo che raggiante e piena di luce raggiungeva il paradiso, la Madre fu felicissima di tale grazia. Il ragazzo era morto come martire.

Pio XII e la bilocazione

Madre speranza di Gesù, come molti altri santi nella storia, aveva un dono particolare: la bilocazione.
   Un giorno Dio la mandò in bilocazione a quello che era l’attuale Papa, Pio XII, quest’ultimo stava del suo ufficio papale, a un certo momento alzò gli occhi e si ritrovò di fronte questa suorina, sbalordito le chiese come avesse mai potuto entrare li dentro, la Madre rispose che l’aveva mandata il Signore per parlargli di alcuni fatti importantissimi (che riguarderebbero eventi storici dell’epoca che il narratore non ci ha potuto dire, la chiesa vieta la divulgazione). Da allora il Papa fu molto vicino a madre Speranza e le fece molte visite (tutto ciò è documentato).
   Molti sono gli episodi in cui la Madre appariva in bilocazione in luoghi dove non avrebbe potuto arrivare altrimenti, le persone che incontravano la Madre in queste circostanze miracolose si recavano poi a incontrarla al santuario, cosi fece un ragazzo salvato dalla Madre mentre tentava il suicidio, si chiamava Ennio e rimase li a collaborare alla costruzione del santuario insieme alla Madre. Come gli altri che gli stettero vicino, assistette a molti miracoli in quel luogo e continuò a raccontarli fino alla fine della sua vita. (Io stessa lo conobbi quando ero più piccola in visita al santuario).

La moltiplicazione del cibo



Vi sono molti episodi che riguardano questo evento straordinario della moltiplicazione del cibo, verso la fine della seconda guerra mondiale la Madre lavorava in un quartiere povero di Roma, il Casilino, li le suore rimasero per aiutare, confortare, curare e dar da mangiare ai poveri e alle vittime che sarebbero venute a rifugiarsi in quel vecchio cimitero dove si trovava la loro casa. La Madre organizzava la mensa per sfamare più gente possibile, il problema è che in quel grande periodo di povertà nemmeno lei aveva da che offrirgli, ma lei sicura in Dio non si tirava mai indietro ed ecco che avvenivano grandi miracoli, straordinariamente le pentole tirava fuori senza mai svuotarsi zuppa e cosciotti e altre pietanze, a testimonianza di questo vi erano tutti i suoi collaboratori e i commensali, questi fatti avvenivano sia a Roma che nel santuario di Collevalenza. Per dirvi un episodio del genere, la madre un giorno ordinò alla suora sua collaboratrice di prendere una sola gallina da cucinare, la suora stupita disse che non sarebbe bastata per nessuno, ma la Madre insistette e regolarmente aveva ragione, perché il cibo bastava sempre per tutti. Un altro episodio lo visse in prima persona Pietro (il narratore), in alcuni giorni in cui nel santuario mancava l’olio, le suore si lamentarono con la Madre per la mancanza di quest’ultimo, la madre come al solito pregava il buon Dio che si occupasse dei bisogni del santuario perché vedeva già che le sue figlie lavoravano ogni giorno duramente e non potevano fare di più. La mattina dopo una macchia d’olio fuoriusciva dalla porta della cucina, le suore chiamarono Pietro che trovò il grande vaso dell’olio che traboccava, incredulo mise la mano nel recipiente per vedere se ci fosse qualche "trucco”, ma era tutto normale, il vaso era semplicemente e straordinariamente pieno d’olio.

Doni dal cielo


Questo probabilmente è uno dei miracoli più straordinari e che provoca istintivamente una grande incredulità nelle persone, ma se si vive nella certezza che a Dio nulla è impossibile vedrete che certe incredulità non sono altro che il frutto dei nostri preconcetti. Il Santuario di Collevalenza infatti fu un continuo verificarsi di fatti straordinari, la Madre spesso raccontava che quel santuario era statogli ordinatogli da Gesù stesso e quindi era lui che doveva occuparsene, ebbene cosi fece. La costruzione di questo enorme santuario come immaginerete richiese tantissimi soldi, che la Madre non aveva essendo solo una povera suora al servizio di Dio, lei faceva ciò che Gesù stesso gli ordinava ma poi si ritrovava a dover fronteggiare spese che con il solo lavoro del convento non potevano esser pagate, successe infatti che l’addetto ai lavori del santuario chiese il denaro per pagare i propri operai e disse che non poteva attendere altrimenti, cosi, come era suo solito, la Madre piangendo si mise a pregare il Padre celeste, che chiamava affettuosamente "figliolo mio”. Pregò che l’aiutasse, perché lei aveva fatto la sua volontà e Lui doveva provvedere – le suore lavoravano già duramente e non potevano fare di più. Ebbene successe il miracolo, dall’alto caddero tanti pacchetti di soldi e la Madre lodando e ringraziando Dio li raccolse e li mise nel suo grembiule, andò poi a chiamare Pietro che sbalordì vedendo tutti quei soldi, gli raccontò il fatto ma egli stesso rimase incredulo. Dopo di che la madre gli chiese di contare i soldi e Pietro obbedì e rimase li tutta la notte con un altro collaboratore a svolgere questo lavoro, e che ci vogliate credere o no risultò esattamente la cifra prestabilita per il pagamento dei lavori.


La Via Crucis

                                                                                          
Un fatto analogo si verificò con la Via Crucis del santuario, la Madre sotto richiesta del Signore ordinò di farla costruire intorno al santuario secondo il percorso che gli aveva indicato egli stesso, Gesù infatti apparve e passò insieme alla Madre per la strada che sarebbe stata il percorso della Via Crucis. A lavori ultimati lo sculture del vaticano a cui era stata commissionata, chiese il suo compenso, e minacciò denunce se non fosse avvenuto il pagamento perché gli servivano i soldi, la Madre anche questa volta si trovò a dover pagare una spesa impossibile: 40 milioni delle vecchie lire. Pregò e pianse nella strada della via crucis, ed ecco di nuovo che le arrivò in soccorso il suo Gesù che l’aiutò facendo cadere letteralmente i soldi dal cielo, ma ad assistere alla scena stavolta fu Ennio che rimase sbalordito e incredulo, proprio in quel periodo inoltre, attraversava un momento di crisi e aveva preso la decisione di andar via dal santuario, inutile dire che così non se ne andò più. La sera stessa contarono le banconote, che erano esattamente 40 milioni di lire.

 
 
 
 
 
 
Gloria Polo (torna su)

 



 
SONO STATA ALLE PORTE
DEL CIELO E DELL'INFERNO
Nuova Testimonianza della dott.sa Gloria Polo ( a cura di Flaviano Patrizi)




 
TESTIMONIANZA

Sia veramente benedetto il nome del Signore, fratelli. È molto bello, per me, avere l'opportunità di stare qui con voi a raccontarvi il meraviglioso regalo che il Signore mi ha fatto venerdì 5 maggio 1995, intorno alle 16:30, presso l'Università Nazionale di Bogotà. Quel giorno ero con mio marito Fernando e mio nipote Edoardo. Mio marito ci accompagnava con la sua macchina alla Biblioteca Generale della facoltà di odontoiatria per ritirare dei libri utili alla nostra specializzazione odontoiatrica. Pioveva molto forte, ma non si sentivano tuoni né si vedevano lampi. Io e mio nipote camminavamo affiancati, riparandoci sotto un unico e piccolo ombrello, mentre mio marito aveva il suo impermeabile e, per ripararsi dalla pioggia, camminava accostato alla parete della Biblioteca Generale. Io e mio nipote, nel camminare, saltavamo le pozzanghere d'acqua senza accorgerci che ci stavamo avvicinando agli alberi. Mentre stavamo saltando una grande pozzanghera d'acqua, fummo raggiunti da un fulmine che ci lasciò entrambi senza vita.
Mio nipote era un ragazzo credente e nutriva una grande devozione verso il bambino Gesù, del quale portava al petto una medaglietta di quarzo. Secondo le autorità proprio quest'ultima gli ha attirò addosso il fulmine. Esso, infatti, entrò attraverso quella medaglietta, passò per il cuore e, attraversando il corpo, uscì dal piede. Nonostante ciò il corpo di mio nipote non rimase esternamente bruciato. Aveva solo un piccolo buchino in un piede, dal quale uscì il fulmine, e un marchio dell'immagine del Bambino Gesù impresso sul suo petto dalla medaglietta che portava al collo: un marchio a fuoco.
Quanto a me, il fulmine mi entrò dal braccio e mi bruciò spaventosamente tutto il corpo, sia fuori che dentro. Non avevo più i seni, soprattutto quello sinistro, e al loro posto erano rimasti solo i capezzoli. Era sparita la carne del ventre e delle costole, le gambe erano completamente carbonizzate e il fulmine uscì dal piede destro. Internamente il fulmine mi carbonizzò il fegato, i polmoni, i reni e le ovaie. Quest'ultime divennero come uva passa – tanto per utilizzare l'espressione usata dai medici – anche a causa del fatto che utilizzavo una spirale di rame, il quale è un buon conduttore di elettricità. Ebbi un arresto cardiaco e rimasi lì a terra senza vita. Mio marito mi raccontò che il fulmine ci aveva scaraventato a una distanza di circa sette metri da lui, e che gli spasmi muscolari causati dalla folgorazione ci facevano rimbalzare da terra circa ottanta centimetri come se stessimo ricevendo le scosse elettriche di un defibrillatore. Mio marito non riportò bruciature ma l'elettricità rimasta nell'acqua gli provocò degli spasmi muscolari fino a quando riuscì faticosamente ad aggrapparsi a un albero isolandosi così dal suolo bagnato. Per due ore nessuno poté soccorrerci, poiché la zona a noi circostante era carica di elettricità.
Questo è il racconto, però, della sola esperienza fisica e, se mi fermassi qui, esso sarebbe molto incompleto, poiché non vi renderebbe partecipi di quella che è stata, invece, la dimensione più rilevante della mia esperienza.


 
 
PRIMA ESPERIENZA MISTICA

Dio mio, potessi avere le giuste parole per far comprendere la meraviglia che provai! Quando mi cadde addosso il fulmine, entrai immediatamente in una luce bianchissima piena di amore. Era come un sole bellissimo! Avvolta da questa luce, sentii fratelli, una pace, una gioia e un'allegria meravigliose. Quant'è grande l'amore di Dio! Quant'è bella, fratelli, la morte! Non so perché ce ne hanno parlato, e ce ne parlino ancora, come di un castigo. Essa è, invece, l'abbraccio di Dio Padre. Mentre mi trovavo in questo stato paradisiaco, vidi il mio corpo carbonizzato che rimbalzava al suolo e il corpo di mio nipote. Vidi, inoltre, tutte le persone del mondo contemporaneamente senza dover muovere lo sguardo, poiché ero libera dal tempo e dallo spazio. Percepii i loro pensieri e vidi i loro peccati segreti. Ero così piena di amore che non riuscii a contenerlo e lo sentii debordare da me. Abbracciai tutte le persone e desiderai che tutti potessero sentire quest' amore straripante.
Tra tutti quelli che abbracciai, mia figlia primogenita, che allora aveva nove anni, percepì il mio abbraccio e ne rimase scossa.
Quando mi soffermai con più attenzione sul mio corpo carbonizzato, tale vista mi ridestò dall'ubriacatura di gioia e di amore ed esclamai: «O cavolo! Sono morta!», e pensai: «I miei figli... i miei figli! Che diranno questi piccolini della loro mamma che non ha mai avuto tempo per loro?». Fino a quel momento ero stata, infatti, una mamma molto assente: uscivo da casa alle cinque e rincasavo alle ventidue, quando già i miei figli dormivano. Riuscivano a vedermi solo la domenica. Guardando ancora meglio il mio corpo mi accorsi che era abbrustolito e dissi: «A cosa potrò servirgli in questo stato?» e, siccome il trovarmi fuori dal mio corpo, non aveva annullato la mia personalità, mi sollevai al vano pensiero che già gli avevo comprato le assicurazioni sulla vita, nell'illusoria speranza che esse potessero essere per loro la garanzia di una vita pacifica.
La luce, che mi avvolse appena uscita dal corpo, mi attirava a sé. Mentre salivo sempre più in questa luce di amore e gioia vidi mio padre, mia madre, i miei nonni, i miei bisnonni e tutti i miei parenti. Mi resi conto che persi un sacco di soldi per pagarmi le regressioni, nella erronea convinzione di riuscire a sapere se la mia bisnonna si fosse reincarnata. Siccome queste regressioni erano molto care, decisi di non verificare dove si fosse reincarnata la mia bisnonna. Che falsità! Che inganno! La mia bisnonna era lì, davanti a me, fratelli.
Dopo essermi abbracciata con tutti i miei cari lì presenti in questa dimensione, priva di spazio e tempo, vidi mio nipote Edoardo abbracciare la sua mamma, la quale stava dando lo straccio.
Mentre riceveva quest'abbraccio invisibile ai suoi occhi, la mamma, presa da un forte sconforto, cadde a terra con le mani sul cuore e rigirandosi gridò: «No, Dio mio, non farmi questo perché è troppo... non potrò resistere a questo dolore così grande». Mia cognata non comprese il senso di quel sentimento e non raccontò a nessuno quanto le era accaduto. Quando, però, il Signore mi permise di riprendere coscienza e di rivedere mia cognata, le dissi:
«Ti ricordi quando cadesti a terra e rigirandoti sul pavimento in preda ad uno sconforto mortale dicesti che non saresti riuscita a sostenere il dolore? In quel medesimo istante ti stava abbracciando tuo figlio Edoardo».
Continuai a salire e a un certo punto vidi l'ingresso di un luogo meraviglioso. Ai due lati dell'ingresso c'erano due alberi dalla bellezza praticamente indescrivibile. In quel luogo vi erano un giardino e un lago splendidi, una luce carica di amore vivo, tutto era vita e tutto esprimeva pace. Che gioia essere lì, fratelli! Non vedevo l'ora di entrarci.
Mentre stavo per entrare in quel luogo paradisiaco, sentii il grido accorato di mio marito che, per grazia, mentre era aggrappato a un albero per isolarsi dal suolo e non essere folgorato, poté vedere la mia anima e quella di mio nipote lasciare i nostri corpi e salire verso quel luogo meraviglioso che vi ho descritto: «Gloria, per favore - gridava - non ti arrendere. Gloria... ritorna! I bambini». Io lo guardai dall'eternità e lo vidi coperto da ferite sanguinanti e piangente. Quant'è grande il legame sponsale sacramentale! A quella vista la mia assunzione ebbe una battuta di arresto e iniziai a ridiscendere. Che tristezza, fratelli! Mentre ridiscendevo vidi, però, l'ingresso trionfale di mio nipote in quel meraviglioso giardino: mi guardò, alzò le braccia in segno di vittoria e, colmo di una felicità indescrivibile, ne varcò la soglia.
Quando mi fecero ritornare, mi fu chiaro che io non sarei assolutamente entrata in quel giardino. La mia esperienza paradisiaca, seppur limitata, fu dovuta al fatto che tutti gli uomini, ad eccezione dei suicidi, fratelli, ricevono l'abbraccio di Dio Padre. Per questo la totalità delle persone che hanno fatto l'esperienza di premorte, tranne qualche rara eccezione, racconta di un tunnel luminoso di amore vivo e di pace sterminata che li ha attirati verso un'uscita ancor più luminosa. Questo tunnel di luce sono le braccia di Dio Padre e la luce ancor più forte è il cuore di Cristo, porta del paradiso. Dio Padre, però, non obbliga nessuno. E quindi, se qui in terra abbiamo deciso di vivere senza Dio, egli non ci obbligherà a un'eternità con lui. E allora, dopo averci abbracciato col suo infinito amore, ci consegnerà con infinito dolore al padre che liberamente ci siamo scelti. Per Dio Padre sarà come strapparsi un pezzo del proprio cuore. Io non diedi a Dio Padre questo dolore perché il tempo della mia vita non si era ancora concluso.
 


PRIMO RITORNO ALLA COSCIENZA

Mi fecero dunque ritornare e incontrai il mio corpo senza vita adagiato in una barella dell'infermeria dell'Università Nazionale. I medici, nel tentativo di farmi riprendere il battito cardiaco, stavano utilizzando sul mio petto il defibrillatore. Come ho già detto, da più di due ore io e mio nipote giacevamo a terra. I medici del pronto intervento non poterono soccorrerci con più tempestività perché furono costretti ad attendere che la zona circostante ai nostri corpi si scaricasse di elettricità per non rimanere a loro volta folgorati. Dopo circa tre o quattro minuti dall'inizio delle manovre di rianimazione operate dal medico internista Nairo Cano ripresi i sensi. Spiritualmente avvenne così: appena poggiai i piedi della mia anima sulla testa del mio corpo esanime, sentii come un violento risucchio che m'introdusse nel mio corpo. Rimbalzai come una palla, fratelli, e inizia a provare il dolore impressionante del mio corpo carbonizzato che emanava fumo. Più forte di questo tremendo dolore fisico fu quello della mia vanità, privata di quel mio bel corpo al quale sacrificai tanto tempo e denaro.
Fui trasportata, successivamente, ad un ospedale pubblico talmente pieno di feriti che non si trovò una barella sulla quale si potesse pormi. I poveri medici non poterono farci nulla perché, nemmeno a volerlo, sarebbero riusciti a trovarmene una. I barellieri dovettero quindi adagiarmi a terra su di un lenzuolo, pur sapendo che così bruciata avrei rischiato di morire per un'infezione.

Furono ore di attesa straziante e disperante che Dio permise. Oggi mi rendo meglio conto che quei poveri medici, tra tanti feriti,
non poterono darmi la precedenza, essendo io quella con meno
possibilità di sopravvivenza. Avrebbero forse potuto lasciare i pazienti colpiti da infarto o quelli versanti in condizioni anche più
gravi delle mie, ma con maggiori possibilità di sopravvivenza se
presi in tempo?
Sapete, però, cosa mi successe proprio mentre sperimentavo
l'abbandono più totale? Vidi nostro Signor Gesù accovacciato accanto a me. Con infinita tenerezza mise il suo braccio sotto la mia
testa e mi consolò. Credetti di essere vittima di allucinazioni.
Chiusi allora gli occhi provando a bloccare l'allucinazione, ma quando li riaprii, era ancora lì. Ripetei l'operazione diverse volte, ma ogni volta che riaprivo gli occhi ritornavo a vederlo lì accanto a me! Quando Gesù vide in me un'attenzione sufficiente mi disse guardandomi pieno di amore: «Ascoltami, piccola mia. Stai per morire. Sentiti bisognosa della mia misericordia». Chiusi gli occhi e dissi: «Misericordia, misericordia», ma non ero convinta della mia invocazione perché mi credevo innocente e, pur meditando sulle parole dettemi da Gesù, non riuscii a trovare in me alcuna colpa. Avevo, cioè, perduto la coscienza del peccato.
Mi rimase chiaro, però, che sarei morta da lì a poco!.......




 
 
 
 
 
 
(Beata) Anna Caterina Emmerich  (torna su)






Anna Caterina Emmerich (Anna Katharina) nacque l’8 settembre 1774 a Flamsche, una località nei pressi di Dülmen in Vestfalia (Germania), in una famiglia molto povera di devoti contadini. Era la quinta di nove figli.

Di lei si dice che sapesse distinguere gli oggetti sacri da quelli profani, che potesse leggere nel pensiero delle persone e che avesse visioni di fatti che avvenivano nel mondo: vide per esempio dettagli della rivoluzione francese. Previde la caduta di Napoleone, dodici anni prima che avvenisse. Le sue esperienze mistiche erano spesso accompagnate da fenomeni di levitazione e bilocazione.

Anche nella sua infanzia i fenomeni soprannaturali di cui era protagonista erano per lei talmente normali che nella sua innocenza di bambina era convinta che anche tutti gli altri bambini godessero degli stessi suoi favori, per esempio pensava che anche loro potessero conversare familiarmente con il bambino Gesù, come lei faceva abitualmente. Fin dall’età di 9 anni le apparivano la Madonna con Gesù Bambino, l'angelo custode e diversi santi. Mostrava straordinari doni di conoscenza: quando gli ammalati si recavano da lei in cerca di aiuto era in grado di sapere le loro malattie e prescriveva loro rimedi che si rivelavano sempre efficaci.

Nel 1789 le apparve Gesù che le offrì la corona di spine, lei accettò ed ebbe così sulla fronte le primestigmate. In seguito le si aprirono le ferite anche alle mani, ai piedi e al costato.

Nel 1802 entrò nel convento delle agostiniane ad Agnetenberg (Dülmen). Qui veniva considerata l'ultima dalle sue consorelle, e Suor Anna non solo non se ne lagnava ma ne era anzi contenta, perché questo le permetteva di esercitare con maggior profitto la virtù dell'umiltà. Il suo zelo era malvisto dalle anime più tiepide, che rimanevano sconcertate e infastidite dai suoi carismi e dalla sua salute cagionevole. Queste suore, nonostante le sue frequenti estasiin chiesa, nella sua cella o sul lavoro, la trattavano con una certa sufficienza e mostravano antipatia nei suoi confronti.

Malgrado la sua estrema fragilità, svolse sempre scrupolosamente e con spirito gioioso i suoi doveri. Ma dopo qualche tempo la sua salute declinò rapidamente e fu costretta a letto.

Le sue ferite, che si aprivano e sanguinavano periodicamente, furono studiate da religiosi e scienziati. Il Vicario Generale, dopo una rigorosa indagine condotta da una commissione medica, si convinse della santità della suora e dell’autenticità delle sue stigmate.

Nel 1818, quando Anna Caterina aveva 45 anni, attirato dalla sua fama, venne a visitarla il famoso scrittore e poeta Clemens Maria Brentano, uno dei più importanti rappresentanti del romanticismo tedesco. Appena le si presentò la veggente lo riconobbe, perché lo aveva già visto nelle sue visioni. Sapeva che era l'uomo scelto da Dio per raccogliere e mettere per iscritto ciò che lei vedeva. Sapeva anche che, se era vissuta fino a quel giorno, era per aspettare lui.

Brentano, che era venuto per trattenersi pochi giorni, non se ne andò più: rimase a Dülmen sei anni, per collaborare alla missione di Anna Caterina. Giorno dopo giorno, annotò ciò che lei gli narrava: dodicimila pagine che descrivono nei dettagli la vita di Gesù e di Maria Vergine.

Le visioni della Emmerich erano del tutto particolari: lei si separava dal corpo dopo essere stata "chiamata" dal suo angelo custode e il suo spirito si recava in Terra Santa dove assisteva agli episodi evangelici come se stessero avvenendo in quel momento; il giorno dopo li descriveva a Brentano. Né la monaca né il poeta erano mai stati in Terra Santa, eppure Anna Caterina ha descritto con sorprendente precisione i luoghi della vita di Gesù e della Madonna, gli abiti, le suppellettili, i paesaggi. Sulla base delle descrizioni della Emmerich è stata ritrovata a Efeso la casa dove la Vergine visse dopo la morte di Gesù. Era una casa rettangolare di pietra, a un piano solo, col tetto piatto e il focolare al centro, tra boschi al margine della città perché la Vergine desiderava vivere appartata. Il sacerdote francese Don Julien Gouyet, dando credito a queste visioni, andò in Asia Minore alla ricerca della casa descritta da Caterina. Gouyet effettivamente trovò i resti dell’edificio, nonostante le trasformazioni subite nel tempo, a nove chilometri a sud di Efeso, su un fianco dell'antico monte Solmisso di fronte al mare, esattamente come aveva indicato la Emmerich.


La validità delle affermazioni di Caterina venne confermata anche dalle ricerche archeologiche condotte nel 1898 da alcuni ricercatori austriaci. Gli archeologi ebbero modo di appurare che l’edificio - almeno nelle sue fondamenta - risaliva al I secolo d.C.. Oggi davanti alla casa della Madonna, visitabile ad Efeso e custodita dai cappuccini, c'è un cartello che spiega che ciò che ne restava, cioè le mura perimetrali col focolare centrale, era stato ritrovato grazie alle visioni della monaca stigmatizzata Anna Caterina Emmerich.

Anna Caterina Emmerich morì a Dülmen il 9 febbraio 1824. Durante cinquant’anni di vita le sue visioni quotidiane avevano coperto tutto il ciclo della vita di Gesù, di Maria e in gran parte anche degli apostoli.

Sei settimane dopo la sua morte la tomba di Caterina venne riaperta. Il suo corpo venne trovato incorrotto senza alcuna traccia di decomposizione. Nel 1892 il Vescovo di Münster diede inizio al processo di beatificazione.

Brentano visse fino al 1842, dopo aver dedicato tutti gli anni che gli restavano alla stesura del suo libro "Vita di Gesù Cristo secondo le visioni della monaca Anna Caterina Emmerich". La suora aveva predetto che anche lui sarebbe morto quando il suo compito fosse terminato.

Dagli scritti di Brentano riguardanti le visioni di Caterina Emmerich vennero pubblicati, oltre al libro suddetto, anche: "La dolorosa Passione di Nostro Signore Gesù Cristo secondo le meditazioni di Anna Caterina Emmerich" (1833), "La vita della Beata Vergine Maria" (1852), "La vita di Nostro Signore" (1858-80 e 1981).

Anna Caterina Emmerich è stata beatificata da Papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 2004.


 
 
 
 
 
 
Maria Simma (torna su)




Maria Simma risponde alla chiamata delle anime del Purgatorio





PREFAZIONE

Caro lettore,

quello che ora tieni fra le mani è un libro estremamente interessante. L'aldilà parla. Dà consigli, chiede aiuto e dà risposte. E’ una realtà che esiste e che parla della vita, la nostra vita qui sulla terra, e delle possibili conseguenze che dipendono da come l'abbiamo vissuta. Ci dice che c'è una differenza fra essere umili, caritatevoli, buoni, misericordiosi, leali ed onesti, ed essere orgogliosi, freddi, cattivi, crudeli, traditori e disonesti. Al momento della morte il nostro comportamento non è dimenticato, ma piuttosto ricordato con totale chiarezza. In questo libro non si parla solo di pena o forse è meglio dire "purificazione", ma anche della sua durata e di molte altre cose ancora.


Caro lettore.

Il mio desiderio è che, attraverso la lettura di questo libro, tu ti apra al mondo dell'aldilà, e che tu sia consapevole di poter aiutare quei fratelli e quelle sorelle sofferenti. Deciditi ora per quell'amore che non conosce fine e che fa di questo aiuto il nostro dovere. Che tu ci creda o no, alla fine scoprirai che la vita diventa veramente degna di essere vissuta solo se si ama e, in virtù di questo amore, si serve.





 

INTRODUZIONE


Maria Simma è una di quelle pochissime persone dotate di un dono più unico che raro. Non ha mai vacillato nella sua determinazione né mai tremato nella sua comprensione del mistero, nonostante le mille opposizioni mossele nel corso della sua esistenza. Il suo campo seminato in solitudine ha reso una messe così abbondante che può essere solo compresa attraverso il velo che ci separa dall'eternità. Maria ha vissuto la sua esperienza come un dono; non l'ha deliberatamente cercata. Invece per molti di noi in questo cammino il tirocinio spirituale attraverso il quale progrediamo, esige che ascoltiamo, osserviamo e bussiamo con grande attenzione e vigilanza. Sono queste le regole dettate da Nostro Signore Gesù Cristo che troviamo in Matteo 7, 7.

Per molti di noi oggi la preghiera, se vi è preghiera, consiste in poche frettolose parole e poi via. Ma se volutamente ci sediamo tranquilli ed ascoltiamo, registrando i pensieri, se osserviamo, registrando le immagini, allora entreremo nella totalità del mondo vero e partiremo con il vantaggio di conoscere quello che l'amabile Signore e Padrone si propone per la nostra giornata. Dio è il costruttore ed il suo libretto d'istruzioni è ricolmo di amore. Mentre noi lo esploriamo con fede, ci accorgiamo che c'è un incommensurabile mondo di eternità che gira intorno a noi.

Maria è stata resa consapevole del bisogno disperato di tutte le anime sofferenti che vagano, lamentando il loro stato di cammino incompiuto, di opportunità perse e di peccato commesso in vita. Non sono ancora riuscite ad arrivare in Paradiso e quindi tampinano, visitano, si intromettono, opprimono e causano malattie e disordini nei vivi nel tentativo, spesso vano, d'indurli a pregare ed a sacrificarsi per loro. La medicina e le terapie possono sopprimere i sintomi, alleviare il dolore, ma per una gamma non indifferente dei nostri problemi quest'area di controllo ance¬strale o di altro tipo è spesso alla radice ed è presente all'insorgere della malattia. Mentre questo approccio terapeutico, assolutamente innovativo, si è rivelato corretto non solo per la pace ottenuta grazie ai consigli di Maria, ma anche agli occhi di molti esperti religiosi e laici, al contempo ha svelato quanto la scienza medica abbia finora solo usato una cortina di flimo. Con questo approccio non ci sono rischi od effetti collaterali od un mucchio di parcelle da pagare. Se crediamo a quanto si afferma in questo libro, allora faremo ciò che Maria ci indica: andremo alla S. Messa, faremo la S. Comunione o ciò che, in altri termini, è chiamato lo spezzare del pane. Là, potremo intercedere per le anime sante, poiché se accetteremo il dono del perdono, otterremo per noi e per loro la guarigione ed affretteremo quindi il loro stesso cammino di liberazione.

Il passo in questo cammino è spedito quando si tratta di bambini dimenticati, mentre è più lento, per gli adulti, richiedendosi ripetuti interventi poiché essi hanno bisogno di molta più purificazione ed espiazione. Dovremmo anche rivolgerci agli Angeli che attendono le nostre indicazioni perché intercedano anch'essi per loro. Come le nostre confessioni sono più efficaci in termini di guarigione se espresse a voce alta, così lo sono le confessioni, che noi mettiamo per iscritto, dei peccati dei nostri antenati. In questo modo noi che soffriamo della cosiddetta "Sindrome di Possessione", possiamo dissociarci da chi ci opprime. Quanto a chi debba fare questa indagine, alle regole per gestirla, il tempo ed il luogo, Nostro Signore non ha dato alcuna indicazione. Egli disse soltanto: "Fate questo in memoria di me". La parola operativa e memoria - un rinnovamento o riunificazione, riunificazione di Me.

Con grande devozione e travaglio d'amore, l'autore ha operato per il bene di tutta l'umanità, proponendoci questo suo dialogo con Maria Simma. Esso ci offre innumerevoli opportunità di portare la guarigione ed è per questo motivo che vogliamo lodare e ringraziare Nostro Signore Gesù Cristo.

DrKenneth McAll Specialista in Psichiatria, Ministero di guarigione dell'albero genealogico, Brook Lyndhurst, Hampshire, Inghilterra. luglio, 1993.


1- DOMENICA IN AUSTRIA

Uscendo dalla Galleria di Arlberg, giro in direzione ovest e m'immetto in un'altra autostrada, quella per Feldkirch nella Provincia più occidentale dell'Austria, quella del Vorarlberg. Se dovessi attraversarla tutta, mi troverei alle frontiere della Svizzera e del Principato del Liechtenstein. Esco, invece, poco prima di Bludenz, avendo visto il cartello con le indicazioni per la Grosswalser Valle e mi dirigo verso nord lungo una strada di montagna.

La strada che si fa presto ripida, stretta e con molti tornanti, percorre tutto il lato occidentale di una bella valle alpina. Snodandosi, curva dopo curva, fra le abetaie, essa presenta qua e là, appena al di sopra del bordo, alcune paravalanghe. Ad ogni curva importante o slargo, ecco le caratteristiche vasche contenenti lo 'splitt', un misto di sale e sabbia che mi fanno pensare ai durissimi inverni che, a queste altezze, devono affrontare i contadini del posto. E l'inizio di primavera e la neve si è sciolta da poco:

si vedono ovunque le erosioni scavate nel terreno dall'acqua in quest'ultime settimane.

Ogni villaggio che attraverso ha nel suo centro una chiesa ed un campanile. Il campanile di alcune chiese ha la guglia a forma di piramide alta e sottile, quello di altre a forma di cipolla e allora essa è di color rosso ruggine. Su entrambi i lati della valle pascolano mucche della razza pezzata; alcune portano i caratteristici campanacci. Si stagliano sui fianchi dei pendii erbosi, intente a brucare la prima tenera erbetta. Man mano che salgo, mi addentro sempre più fra le montagne. (La gente di città dice che quassù gli abitanti hanno difficoltà a camminare sul terreno piatto perché hanno una gamba molto più lunga dell'altra). Lungo il percorso gli ultimi crocus bianchi e viola hanno l'aria stanca dopo essersi fatti strada nella coltre di rametti secchi. Lassù, in lontananza, spicca il verde-lichene degli ultimi pascoli incoronati da una catena di picchi granitici e calcarei nei cui crepacci in ombra si sono formati dei piccoli ghiacciai. Man mano che salgo, mi godo questa strada così ben progettata dagli ingegneri austriaci.

Vedo bambini uscire a gruppetti da una scuola con l'aria di essere tutti imparentati fra loro con quelle loro guanciotte rosse come mele. Ancora un altro villaggio poi, il cartello di 'Sonntag'. Questa è 'Domenica', Austria.

Giro a sinistra, in direzione della chiesa. La curva è a gomito e la strada così ripida che devo innestare la prima marcia e così stretta che se incontro qualcuno in senso contrario, sono guai. In cima si snoda intorno al cimitero e poi punta verso una collina nei cui fianchi vedo come inserita una piccola casa del tipo chalèt. Questa è 'casa' per Maria Simma.

Suono il campanello. Mi risponde una voce un po' roca, ma calorosa e gentile: "Sì, venga su1.". M'inerpico per una ripida scala in pietra che mi conduce ad un porticato che si trova allo stesso livello del campanile della chiesa.

Maria è piccola e rotondetta. Porta un foulard vivace, annodato stretto sotto il mento. Dietro le lenti, la limpidezza cristallina e la profondità di quegli occhi celesti che sembrano dirti che hanno visto molte cose nei loro ottant'anni. Sopra la porta d'ingresso pende un'insegna in legno su cui è scolpita la scritta: "Wer bei mir Kritik und Korrektur betreiben will betrete meine Wohnung nicht, denn jeder hat in seinem Leben, auf sich selber acht zu geben". (Chiunque sia propenso a criticare od a correggere, non varchi questa soglia. Nella vita ognuno ha da pensare per se stesso). Rientrando dal suo balcone assolato, mi conduce lungo un corridoio stretto ed affollato di cose, fino alla sua stanza sul retro. Mi indica di accomodarmi su di una seggiola traballante e poi mi si siede di fronte con un lieve sospiro.

Ovunque poso lo sguardo, vedo immagini o statue della Madonna, di S. Michele e di S. Giuseppe ed almeno un crocefisso in ogni spazio. Mentre chiacchieriamo del tempo splendido e di tutte quelle piantine di fiori e di erbe aromatiche che avevo scorto nel portico e che Maria coltiva per vendere, preparo il mio registratore. C'è un leggero odore familiare di cucina e di galline che avevo sentito chiocciare nello scantinato quand'ero sceso dalla macchina. Sistemato il registratore e messo il piccolo microfono fra noi due, le chiedo se è d'accordo che registri tutto.

Ma certamente. Se non le spiace, mentre parliamo, vorrei tener le mani occupate.

Si inchina e tira fuori da sotto il tavolo due scatole e le mette sopra il tavolo. Nelle scatole ci sono delle piume.

Certo! Faccia pure! Mi dica, piuttosto, che cosa sta facendo?

Queste sono piume d'anatra e questo è il piumino che ne ricavo. Vede, quando ne ho abbastanza, lo vendo ad una fabbrica di piumini, qui nella valle. I contadini mi portano la loro selvaggina; io la spiumo e la pulisco, trattenendomi le piume e le frattaglie. E' un lavoretto che posso fare comodamente seduta mentre ascolto le persone e, da quanto lei mi dice, questa nostra conversazione potrebbe andare per le lunghe.

Eh sì, ho molte domande da farle. Potremmo continuare finché non saremo stanchi. Cosa ne dice?

Va bene.

Prima di tutto vorrei ringraziarla per il tempo che mi concede. Sono sicuro che molti, prima di me, l'hanno interrogata e che questo si protrarrà da molto tempo.

Sì, è vero! Ma rispondo volentieri perché so che molte persone si sono riavvicinate a Dio per le mie parole. Quindi, proceda pure. Cercherò di risponderle nel modo migliore possibile.

Nota dell'autore:

Quanto segue è il risultato di oltre trentacinque conversazioni avute dall'autore con Maria Simma, oggi ottantaduenne, nel corso di altrettante visite a Sonntag negli ultimi cinque anni).


2- LA STORIA DI MARIA SIMMA

Per favore, mi potrebbe raccontare qualcosa della sua infanzia e della sua giovinezza?

Certamente! Per ben tre volte ho cercato di entrare in convento. Già da bambina dicevo a mia madre che non mi sarei mai sposata, e lei mi rispondeva: "Aspetta fino a quando avrai vent' anni, poi si vedrà". "No, mamma, non sarà così. Ho come una certezza dentro di me. Od entrerò in convento o troverò lavoro ovunque ci sia da aiutare gli altri".

Mia madre ha sempre avuto un'attenzione particolare per le anime del Purgatorio ed anch'io, fin dai primi anni di scuola, ho fatto molto per loro. Più tardi decisi che per loro avrei fatto qualsiasi cosa, così quando terminai la scuola pensai: "Bene, andrò in convento. Forse Dio vuole questo da me". Così, a diciassette anni, entrai nel Convento del Sacro Cuore di Gesù ad Hall in Tirolo, ma dopo appena sei mesi mi dissero: "Per essere sinceri, sei troppo delicata di salute per restare con noi". Vede, ad otto anni ebbi la pleurite e la polmonite e per questo ero ancora gracile. Dopo un anno, quindi, dovetti andarmene. Ma la madre superiora, nel congedarmi, mi disse: "Sono sicura che tu sia chiamata alla vita religiosa. Aspetta ancora qualche anno finché non ti sarai rinforzata e poi cerca un ordine religioso meno severo, forse uno di clausura". Da quel giorno mi sono detta: "O clausura o niente. No, non aspetterò, ci voglio andare subito".

Il secondo convento che provai fu quello delle Domenicane di Thalbach vicino a Bregenz. Dopo solo otto giorni mi dissero: "Sei troppo debole fisicamente per noi, non puoi restare". Ritornai a casa. Dopo qualche tempo sentii parlare delle Suore Missionarie. Pensai: "La missione: ecco quello che desidero! Ora capisco perché gli altri due ordini non andavano bene". Così chiesi di essere ammessa all'Istituto delle Suore Francescane di Gossau in Svizzera. "Sì, puoi venire" fu la risposta.

All'atto di entrare dovetti dire che ero già stata in altri due ordini e che ero stata respinta. Il risultato fu che mi diedero sempre i lavori più duri da svolgere. Le altre candidate mi dicevano: "Perché fai tutto da sola? Noi ci rifiuteremmo". "State a vedere!" rispondevo. "Il Signore mi aiuterà. Va bene così. Farò tutto quello che mi sarà chiesto". Poi, un giorno, le suore mi dissero: "Oggi puoi stare qui a fare un lavoro meno faticoso". Allora pensai: "Questo significa che o me ne devo andare o che hanno visto che posso farcela". Ma quando vidi la maestra delle candidate scendere le scale e guardarmi con molta compassione, allora capii immediatamente: Oh oh, devo tornarmene a casa. Infatti, mi si avvicinò e mi disse: "Devo parlarti". "Sì, lo so, devo andarmene, vero?". Chi te lo ha detto?". "Oh, l'ho capito guardandola". "Sì, sei troppo delicata per noi.

Finalmente capii: se non potevo stare lì, non sarei potuta stare in nessun altro convento, perché non era, evidentemente, il volere di Dio. Devo dire che da quel momento la mia anima iniziò a soffrire molto. Ero impaziente e dicevo a Dio: "Ehi Dio, sarà tutta colpa Tua se non faccio la Tua volontà!". Non sapevo, però, che non dobbiamo pretendere miracoli da Lui. Ero ancora molto giovane. Pensavo spesso che Dio cercasse di mostrarmi quello che voleva che io facessi, ma io non ero capace di capirlo. Mi aspettavo sempre di trovare una nota scritta a mano, nascosta sotto un mucchio di fieno.

Maria, lei ha detto che sua madre si prendeva molto a cuore le anime povere del Purgatorio; chi sono e cosa vuol dire prendersele a cuore?

Le anime povere del Purgatorio sono le anime di persone decedute, che non sono ancora andate in Paradiso, sono anime che si trovano ancora in Purgatorio. Sono anche chiamate, altrove, anime sante od anime elette, termini biblicamente più corretti di anime povere anche se, in qualche modo, definirle 'povere' è corretto perché dipendono da noi al cento per cento: i poveri, infatti, dipendono completamente dagli altri.


Mia madre pregava molto per loro, dedicava loro molte azioni fatte con amore, portandole sempre nel cuore. Diceva spesso a noi bambini che se mai avessimo avuto bisogno di un qualsiasi aiuto, avremmo dovuto chiederlo alle anime del Purgatorio, perché sono coloro che ci aiutano di più, per un profondo senso di gratitudine nei nostri confronti. Mia madre era anche molto devota a P. Vianney, il Curato d'Ars e spesso andava ad Ars in pellegrinaggio. Sono quasi sicura che anche mia madre, in qualche modo, abbia incontrato le anime del Purgatorio, ma che non l'abbia mai voluto confidare a noi bambini.

E così, quando queste mie esperienze iniziarono nel 1940, capii subito che era questo ciò che Dio voleva che facessi. La prima anima venne da me quando avevo venticinque anni. Fino a quel momento il Signore mi aveva fatto attendere.

Lei mi sta dicendo che l'anima di un defunto venne da lei. Significa forse che venne a farle visita nella sua stanza?

Sì, e così continua ad accadere da quella data in poi. Ovvero, dal 1940, quando ebbero inizio questi fenomeni, fino al 1953 venivano solo due o tre anime all'anno e per lo più nel mese di novembre. In quegli anni lavoravo in casa o con bambini; feci anche la domestica in una fattoria in Germania e successivamente, in un villaggio qui vicino. Poi, durante l'Anno Mariano del 1954, ogni notte mi si presentava un'anima diversa.

Devo ammettere, e di questo sono grata a Dio, che con questo impegno la mia salute è migliorata nel complesso, anche se qualche volta ne risento. Se capita che stiano succedendo troppe cose, rallento un poco, ma in generale sono sempre stata bene. Quante volte ho ringraziato il Signore per non avermi fatto entrare in convento! Dio ci dà sempre quello che ci occorre per fare la Sua volontà.

Da diversi anni viaggio e tengo conferenze. Una signora le organizza e mi porta in giro con la sua macchina. Mi telefona e mi dice: "Ti va bene in questo o quel giorno, in questa o quella città?". La prima volta, a dire il vero, mi sono confusa e non sono potuta andare perché avevo preso un appuntamento con alcune persone che venivano qui da me lo stesso giorno fissato per la conferenza. Queste conferenze sono bene accolte nel complesso, ma ho qualche problema con i sacerdoti d'impostazione moderna. I credenti d'una certa età e, per lo più, i sacerdoti più anziani credono a tutto quello che dico.


 

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